Curriculum
Progetto di ricerca
I mille volti di Lidia
Tutor
Rosa Giulio (Università degli Studi di Salerno)
Il personaggio di Lidia attraversa i secoli compiendo un percorso preciso: attraverso la Letteratura latina, portoghese e infine italiana rivela degli aspetti talvolta contrastanti, talvolta convergenti, che portano, però, tutti il nome di Lidia. In principio Lidia è un’incorporea presenza dal pensiero stoico-epicureo all’interno delle “Odi” latine di Orazio e di quelle portoghesi di Ricardo Reis, poi diventa una sovversiva cameriera passionale e innamorata nel romanzo dello scrittore portoghese Josè Saramago “L’anno della morte di Ricardo Reis”, fino ad arrivare a essere, grazie a Giosuè Carducci e a Giovanna Sicari, una donna reale oltre che letteraria. In Carducci Lidia sarà il nome poetico di Carolina Cristofori Piva, l’amante del poeta, mentre in Giovanna Sicari sarà Lydia Mancinelli, l’alunna preferita a Rebibbia della poetessa, che diviene così titolo e contenuto di un suo componimento poetico, lì dove il nome giunge finalmente a descrivere un tipo letterario coincidente con una realtà esistenziale, chiudendo così, con un’identificazione allusiva e sorprendentemente circolare – l’atteggiamento di Lydia Mancinelli nei confronti della vita è rinunciatario in modo diverso e tuttavia similare alla Musa stoica delle Odi di Orazio e di Reis – la lunga evoluzione durata secoli della presenza letteraria che porta il nome di Lidia. Il percorso che il progetto si propone di tracciare desidera dunque porre in evidenza quanta continuità e quanta discontinuità accompagnano parallelamente l’evoluzione del personaggio di Lidia nella letteratura attraverso i secoli: in accordo con le esigenze tematiche e stilistiche di ogni epoca e di ogni cultura, Lidia è partita senza un corpo e senza un’anima ed è arrivata ad essere una donna consapevole e calata nella nostra contraddittoria contemporaneità. Attraverso la sua presenza letteraria hanno parlato di sé e del proprio pensiero gli stoici-epicurei Orazio e Ricardo Reis, che hanno creato una Musa di plastica senza volto e senza voce, puro riflesso di se stessi, il rivoluzionario Josè Saramago, abile nel convertire i luoghi comuni della poesia classica attraverso relazioni intertestuali di notevole spessore e creatore di una Lidia spregiudicata e passionale, Giosuè Carducci, che ha plasmato la sua Musa di carne dandole il nome di Lidia e il volto e l’anima di Carolina Cristofori Piva, al fine di inaugurare una sua nuova personale stagione poetica dedicata all’arte pura, e infine Giovanna Sicari, artefice di una sintesi fondamentale tra la Lidia poetica e la Lidia concreta, grazie alla quale il personaggio utilizza il verso per uscire dalla pagina scritta e denunciare la propria mera esistenza con orgoglio, semplicità e sofferenza. Perché in fondo nulla è più poetico dell’imperfezione del reale, e la sfida più ardua è tradurre in versi quello che in apparenza sembra intraducibile, misterioso nella sua insensatezza e nella sua miseria: Lidia è la verità che ingloba ogni utopia, è vicinanza e allontanamento da tutte le filosofie, è il tentativo fallito di scindere verso e vita e l’accettazione fiera di un ricongiungimento e di una convivenza possibile tra ideale e reale. All’interno di questo complesso sistema sono, poi, da chiarire le posizioni della Lydia di Pietro Tripodo, poeta romano attivo negli anni ’80 che tradusse l’ode oraziana del carpe diem utilizzando Lydia piuttosto che Leuconoe, e, infine, la Lydia di Antonio Tabucchi, che ci viene brevemente presentata come pseudonimo di Connie, una delle amanti del vecchio poeta – identificato con Eugenio Montale – protagonista del racconto “La trota che guizza tra le pietre mi ricorda la tua vita”, all’interno della raccolta “L’angelo nero”.